Ottavio Andriani

Intervista ad Ottavio Andriani: la forza dell’uomo, l’onore della canotta azzurra e le insidie del percorso che conduce a Beijin

Ancora non si placano le polemiche sulle convocazioni maschili per la maratona del prossimo 24 agosto che chiuderà la XXIX edizione dei Giochi Olimpici moderni organizzati a Pechino, in Cina. Dopo l’ufficializzazione della lista da parte del Direttore Tecnico Nicola Selvaggi (nella quale l’unico indicato è il campione olimpico in carica Stefano Baldini) e l’arringa del Prof. Gigliotti (Responsabile Tecnico del settore Maratona) in difesa degli azzurri Ottavio Andriani e Ruggero Pertile, un nuovo elemento di riflessione è dato dall’annuncio di un ritiro in altura a Livigno (a partire dal 2 giugno) proprio del trio Baldini, Andriani e Pertile. Per comprendere se questa sia effettivamente una convocazione e se la federazione abbia deciso di ritornare sui propri passi, staccando due ulteriori biglietti per la capitale cinese, ho raggiunto telefonicamente Ottavio Andriani.

Piuttosto che catapultarmi immediatamente sull’attualità, ho deciso di partire da lontano, da un giorno di aprile di due anni fa, per capire di più dell’uomo, prima che dell’atleta, arrivando al sogno della sua vita, un sogno a cinque cerchi dal nome olimpiade…

Ottavio, partiamo dal 10/04/06, ti dice niente questa data?

“Certo, quel giorno ho corso la maratona di Parigi.”

Ti va di raccontarci quella esperienza?

“Le condizioni erano ottimali, c’era un’aria frizzantina e mi sentivo molto bene… anche il passaggio alla mezza (1h05’00’’) lasciava ben sperare sul crono finale. Ad un rifornimento però un keniano, dopo essersi spostato in modo repentino ed azzardato, mi ha agganciato da dietro facendomi rovinare a terra. Il tempo di capire cosa fosse successo, uno sguardo alle escoriazioni rimediate a mani, gambe ed anca e mi sono rimesso in piedi, perdendo comunque almeno una ventina di secondi. Ho dovuto farmi quasi violenza per non sperperare energie preziose, perché l’istinto mi spingeva a recuperare velocemente il terreno perso. Per caricarmi ho pensato allora a Lambruschini ed al suo analogo incidente all’Europeo. Ho continuato, quasi dimenticando l’accaduto, fino al 35°. A questo punto il tonfo ha presentato il conto. Ho stretto i denti, nonostante il dolore, ed alla fine è arrivato il decimo posto assoluto.”

Con che tempo?

“2h10’51”’’

Qualcosa di analogo si è verificato anche ai mondiali di mezza di Udine dell’ottobre 2007 quando vestivi, ovviamente, la maglia della nazionale.

“In quel caso è stato anche peggio, mentre a Parigi c’era l’adrenalina della gara giunta ormai nel vivo, ad Udine ero alla partenza. Ancora una volta, agganciato da dietro, ho battuto violentemente la fronte sull’asfalto. Cercavo di rialzarmi ma venivo spinto nuovamente a terra, come se non bastasse, anche Pertile, mio compagno di squadra, mi è caduto addosso. Appena possibile mi sono rimesso in piedi ed ho fatto la sola cosa possibile per me: cominciare a correre.”

L’immagine della tua fronte insanguinata con la canotta bianca e lo scudetto tricolore è quasi un cult del podismo, ma quanto tieni alla nazionale?

“Ci tengo tantissimo, nonostante quello che si è detto in seguito alla mia mancata partecipazione ad Osaka lo scorso anno. Venivo dalla Maratona di Trieste ed in meno di un mese avrei dovuto affrontare un nuovo ritiro in vista dell’appuntamento iridato, i tempi erano strettissimi e non mi è sembrato professionale rispondere alla convocazione tanto per essere presente. Mi sono ritirato in maratona in due sole occasioni, sempre per problemi fisici, e mai vestendo la maglia della nazionale. Quando sono stato chiamato a difendere il tricolore ho sempre dato il massimo e non ho mai anteposto target agonistici personali od economici, vendendo cara la pelle anche in condizioni critiche, come ad Udine.”

Dopo la vittoria a Trieste, col crono di 2h10’57’’ ed una progressione finale spaventosa a ritmi prossimi ai 2’50’’/km, tutti erano concordi sul tuo ampio margine di miglioramento e la sicura conquista del minimo richiesto per le olimpiadi. Le cose però sono andate in modo diverso ed è iniziato questo travagliato inseguimento alle 2h10’30’’. Ricordo la concentrazione a Roma nel parco chiuso prima della partenza e la delusione dopo il ritiro, tempo per riprovare ce n’era, cos’è successo?

“Preparando Roma, nel periodo di massimo carico, ho avvertito fastidi insistenti all’adduttore. Ho creduto si trattasse di un normale affaticamento dovuto proprio al picco degli allenamenti. Scaricando tutto è sparito, non poteva essere altrimenti visto il grandissimo differenziale di stress muscolare tra l’apice di condizionamento e le blande sedute di avvicinamento allo start capitolino. Purtroppo, quando in gara i ritmi sono tornati ad essere di massimo stress, giunto al 25°, il problema si è riproposto. Ho proseguito ed al trentesimo ero ampiamente sotto il riferimento che in proiezione mi avrebbe dato la qualificazione olimpica. Nel giro dei due chilometri successivi sono però passato dal correre sciolto 3’03’’/km a faticare al ritmo di 3’15’’/20’’. Non riuscendo più ad alzare il ginocchio, la mia corsa non è stata più in equilibrio e questo progressivo peggioramento mi ha costretto ad abbandonare al 32°. Un’ecografia ha poi evidenziato una contrattura di circa tre centimetri al grande adduttore.

Quindici giorni di cure hanno risolto il problema ed ho ripreso a lavorare per giocarmi la mia ultima occasione di qualificazione prima della fine di aprile 2008. Incredibile a dirsi, per un problema ad un dente ho dovuto sottopormi ad un operazione chirurgica da tempo rimandata e la copertura antibiotica di protocollo ha fatto il resto mettendomi a tappeto.”

Quando i giochi sembravano fatti, il tuo nome è ritornato in lizza tra i possibili “ripescati” per Pechino, tant’è che dal 2 giugno sarai con Stefano Baldini e Ruggero Pertile in ritiro a Livigno, sotto la direzione tecnica di Lucio Gigliotti, per tenerti pronto nel caso la federazione ed il coni decidano di portare tre maratoneti. C’è una ragione tecnica alla base di questa convocazione “informale”?

“La Fidal fissando il tempo di 2h10’30’’ ha richiesto che lo stesso fosse conseguito tra ottobre 2007 ed aprile 2008. Nessuno dei maratoneti italiani è riuscito in questo periodo ad agguantare il minimo e per assurdo quel 2h11’41’’ colto a Milano a dicembre 2007, che a me sembrava poca cosa, è rimasto il miglior crono sulla distanza di maratona.”

Altri maratoneti italiani hanno manifestato la loro disponibilità per la nazionale, per esempio Alberico Di Cecco. Si è anche fatto riferimento al ranking 2008 (Migidio Bourifa 2h12’52’’ a Parigi. Stefano Baldini 2h13’06’’ a Londra; Alberico Di Cecco 2h13’10’’ a Padova)

Cosa senti di rispondere?

“Ripeto, il periodo indicato per il conseguimento del minimo partiva da ottobre 2007. Posso capire la posizione di Alberico, con il quale fin dalle giovanili mi sono scontrato sempre e solo sui campi di gara, nel massimo rispetto e con lealtà. Non mi stupisco delle sue dichiarazioni e del fatto che si sia candidato per l’olimpiade, ma i risultati a cui si fa riferimento, pur essendo stati conseguiti nel 2008, sono inferiori al mio tempo di Milano che è stato acquisito nell’intervallo ottobre – aprile fissato dalla federazione. Si tratterà adesso di lavorare duro per dimostrare a chi ha il potere di decidere che sono in condizione di difendere il tricolore ancora una volta.”

In un’intervista a Trackandfieldchannel.net Nicola Silvaggi ha commentato la monoconvocazione olimpica in questo modo: “Il settore tecnico aveva stabilito dei limiti… alla data ultima del 30 aprile solo le tre donne hanno presentato i requisiti… se vogliamo nemmeno Baldini, ma è chiaro che Baldini era escluso da questi requisiti essendo lui il campione olimpico… inserire altri elementi (atleti, n.d.r.) significava… andare fuori dalle regole… la maratona ha finito (la stagione agonistica ordinaria, n.d.r.) ma tutti gli altri cominciano adesso l’attività agonistica…e non si può andare contro le regole ancor prima di cominciare.” Ed ancora, circa la tua partenza e quella di Ruggero Pertile per Livigno: “Loro si alleneranno insieme a Baldini anche perché Stefano ha bisogno di compagni con i quali allenarsi… le decisioni non vanno prese già da adesso… tutto il settore dovrà in ogni caso essere rivisto alla data ultima del 20 luglio e se ci saranno altri nomi da aggiungere (anche senza minimi, n.d.r.) non ci tireremo indietro… questo riguarderà tutte le specialità, non solo la maratona.” Hai in proposito qualcosa da aggiungere?

“Solo che sono legatissimo a Stefano, lo sai, ma a Livigno non vado a fare vacanza ne solo per accompagnare lui. Io voglio conquistare la maratona olimpica, ed ho la stessa determinazione dei mesi scorsi durante i quali, nonostante l’impegno, la fortuna non è stata dalla mia. Il Prof. Gigliotti crede in noi e non ha fatto i nostri nomi a caso; anche la federazione se ci ha consentito di partecipare a questo raduno lo ha fatto anche valutando potenzialità tecniche e spirito di sacrificio per la maglia azzurra. Poi è chiaro che solo alla fine di luglio si saprà con certezza chi salirà sul volo diretto a Pechino, ma questo non è un discorso limitato solo alla maratona come giustamente sottolinea Silvaggi.”

Ne abbiamo parlato più volte, ma da dove viene questo 2h10’30’’ e perchè non è stato possibile conseguirlo?

“Il minimo ha delle ragioni tecniche ma anche amministrative. Una spedizione olimpica richiede dei minimi qualitativi sia per il prestigio della nostra scuola che per il suo peso economico. Quanto alla rispondenza del limite alla condizione degli atleti, questo è un discorso diverso. In se stesso il tempo non è impossibile, solo che certe annate nascono storte ed è proprio per questo che da più parti si chiede maggiore elasticità. Non dimentichiamo poi che c’è un orologio, quello biologico, che non si ferma mai e rende difficile man mano che l’età avanza recuperare in fretta delle maratone corse al limite. Rifacendomi alle parole del Prof. Gigliotti, quindi, questo limite appare eccessivo.”

Visto che ci sarai, parliamo del prossimo raduno in altura, descrivi ai lettori di Podistidoc.it gli impegni tecnici del team azzurro.

“A Livigno faremo un lavoro generale, lontani come siamo dalla maratona olimpica. Il piccolo Tibet, come viene chiamata la località in provincia di Sondrio, presenta un fondo valle di 7-8 km e per il resto percorsi in progressiva ascesa da ambo i versanti. Il lavoro sarà quindi incentrato sia sulla resistenza (con lunghi variabili dall’ora e mezza ad oltre due ore) che sulla forza (con azioni tecniche e sprint in salita). L’ultima parte delle tre settimane di ritiro sarà invece incentrata sullo sviluppo di ritmi crescenti ma ancora lontani da quelli previsti per l’appuntamento olimpico.”

E dopo Livigno?

“Beh, dimentichi che il dopo Livigno in azzurro mi riguarderà solo nel caso di un’ufficializzazione della convocazione. Comunque, il raduno successivo, dopo una pausa di dieci giorni, è previsto a St.Moritz. Qui si inizierà a lavorare sul serio con i classici 4X5.000 recupero 1.000 piuttosto che 3X7.000 recupero 1.000, tutti abbastanza vicini ai ritmi che ognuno intenderà sostenere durante i 42,195 km olimpici. Gli allenamenti in altura sono duri, col passare dei giorni il fisico si adatta ma non è comunque possibile correre agli stessi ritmi a cui si corre al livello del mare. Ecco perché è importantissimo calibrare i lavori per ammortizzare il differenziale e fare in modo che l’attività in quota possa veramente pagare una volta ridiscesi e non invece risultare spossante.’’

Siamo giunti al termine di questa chiacchierata, che è servita a conoscere più da vicino alcune problematiche del nostro settore maratona ed a condividere le emozioni di un campione che, per quanti successi possa aver conseguito, è pronto a mettersi ancora in gioco per vivere l’avventura olimpica. Spero che a difendere la storia della nostra maratona, oltre al campionissimo Baldini, ci siano la tua forza, il tuo orgoglio ed il tuo talento cristallino.

“Grazie a Podistidoc.it per lo spazio concesso e l’affetto dimostratomi. Mi sento finalmente sereno, se CONI e FIDAL decideranno di premiare il mio impegno, potete scommetterci, venderò ancora una volta cara la pelle, perché nella maratona della vita nessun attendismo può esistere e ogni rischio vale la pena di essere… corso.”

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