Boom di partecipanti e percorso velocissimo lungo l’alveo dell’antico lago scomparso.
La prima edizione della Mezza Maratona del Fucino, valida come campionato regionale abruzzese di mezza maratona, regala al G.S. Marsica, società organizzatrice, la soddisfazione di vedere al via ben 700 atleti. Il merito è della “curiosità podistica” di una prima edizione, della tentazione di rincorrere il proprio personale su un tracciato filante, della confluenza della manifestazione in diversi circuiti di gare su strada, tra i quali il Master delle Regioni.
Nessun big alla partenza, se si esclude l’abruzzese “doc” Alberico Di Cecco, giunto ad Avezzano soprattutto per accompagnare in un lungo qualitativo alcuni dei ragazzi che allena.
La piana del Fucino è incantevole, sembra uscita da un pennello impressionista. Colture a perdita d’occhio, filari di pioppi che paiono messi apposta per studiare le leggi della prospettiva, contrasti cromatici spettacolari lungo l’alveo di un antico lago ora prosciugato, il terzo in Italia per estensione.
La partenza e l’arrivo sono presso il palaghiaccio di Avezzano, nell’area industriale della cittadina abruzzese. Il tracciato di gara non presenta variazioni altimetriche degne di nota e si esaurisce in due lunghissimi rettilinei che corrono in aperta campagna.
Non ci sono spettatori lungo il percorso, solo uomini dello staff e lavoratori agricoli, questi ultimi intenti a curare, con estrema perizia, i rinomati prodotti ortofrutticoli della zona (dispensati nei premi di categoria).
La gara parte sul piede dei 3’20”, con Alberico Di Cecco a fare l’andatura. Il carabiniere è seguito da un nutrito gruppo di atleti, destinati via via a cedere il passo.
Dopo aver condotto una prima parte di gara prudente, l’atleta di Fara San Martino spinge nel secondo diecimila, chiudendolo in 31’00” e facendo letteralmente il vuoto.
Facile la vittoria per il campione italiano militari di maratona (titolo conquistato alla maratona di Carpi) che chiude col tempo di 1h08’53”, dopo di lui Alessandro Di Lello (Tivoli Marathon) con 1h11’18” e Alberto Di Basilio (Amatori Teramo) con 1h11’25”.
La gara femminile, al pari di quella maschile, ha una sola protagonista: la ciociara Loredana Vento. La portacolori dell’Aprocis Runners Team di Cassino chiude ad una media poco superiore ai 4’00”/km, riuscendo a controllare gli attacchi delle dirette avversarie Virginia Petrei (Opoa Trasacco) e Anna Bornaschella (Atletica Venafro).
Se il primo posto non è mai stato in discussione, per i restanti gradini del podio la gara è stata viva fino agli ultimi metri. Loredana Vento chiude col tempo di 1h24’52”, seconda Virginia Petrei in 1h28’01” e terza Anna Bornaschella in 1h28’17”.
La parola al vincitore: Alberico Di Cecco
Alberico, le tue osservazioni su questa prima maratonina del Fucino.
“La manifestazione è indubbiamente partita con il piede giusto. Una prima edizione molto partecipata in una giornata di sole che ha sorriso ai 700 partenti. Ho gradito il percorso molto veloce, a me piacciono i rettilinei e non amo particolarmente i cambi di direzione.”
Hai dettato il ritmo dall’inizio alla fine, è difficile però fare “temponi” quando si corre da soli.
“I ritmi, nonostante il percorso filante, sono stati quelli che il parterre di atleti ha potuto proporre. Il tracciato avrebbe consentito di fare molto meglio dal punto di vista tecnico, ma in una prima edizione è normale che ci si concentri più sui numeri. Crescendo, poi, si potrà pescare bene tra i top atleti, tentando di fare concorrenza alle grandi mezze.”
Non credi siano mancati i passaggi nei centri abitati? D’accordo sulla velocità del percorso, ma in queste condizioni non c’è il rischio di alienarsi?
“Devo ammettere che l’osservazione è giusta, si corre nella piana del Fucino che è bellissima, ma si corre solo tra i campi coltivati. Oggi ho avuto modo di parlare con diversi amatori che hanno partecipato alla mezza o alla maratona di Pescara, su un percorso veloce quanto questo. Mi hanno confidato di essere andati più forte in quell’occasione, forse proprio per il motivo a cui accennavi. Correre con il pubblico che ti incita dà certamente uno stimolo in più.”
Grazie per la disponibilità, congediamoci con un tuo saluto ai lettori di Podisidoc.it
“Un saluto affettuoso ai tanti podisti che si danno appuntamento sulle vostre pagine ed un grazie particolare a quanti nel periodo pre e post olimpico hanno speso parole in mio favore. Proprio a questi ultimi voglio dedicare il recente titolo italiano militare di maratona, che ho conquistato alla maratona di Carpi.”
L’angolo sentimental-podistico: un traguardo diviso a metà
Dopo la lunga pausa per infortunio, torno a cimentarmi con una mezza (la seconda in assoluto dopo la mitica Roma-Ostia del 2007).
L’idea nasce dal fatto che ho chiuso, senza particolari problemi, diversi lunghi tra la fine di settembre e i primi quindici di ottobre. Così, il presidentissimo Max Terracciano mi chiede di portare un punticino prezioso alla causa dell’Atletica Venafro, impegnata nel Master delle Regioni, in occasione della mezza del Fucino.
Non occorre che faccia chissà che, quello che importa è finire.
Insieme al coach Marco Cascone, decidiamo di valutarne la fattibilità dopo un lungo di 20 km che ho in programma.
Sorpresa… con un inizio prudente riesco addirittura a chiudere in progressione gli ultimi 4 km. E’ deciso, ci sarò… ma senza esagerare! A soli tre mesi dalla ripresa tenterò una mezza. Quanti di voi non avrebbero toccato il cielo con un dito? E visti i tempi vicini al personale, quanti avrebbero saputo tenere a bada il desiderio di provare ad attaccarlo? (Su questa seconda possibilità il coach ha immediatamente posto il veto).
Siamo alla domenica precedente l’evento, all’ultimo lavoro veloce prima della mezza, con una settimana di scarico ad attendermi…
In programma ci sono “solo” 12 km veloci con progressione nel finale. I primi 6 km li corro da manuale, poi avverto una fitta all’anca dx (quella opposta alla tibia fratturata, che mi ha costretto al lungo stop). Non ci sono equivoci, ho rimediato una contrattura alla fascia lata: l’ennesima rogna, la tristezza è montante, l’idea della mezza sembra svanire.
Riposo per due giorni (riposo dalla corsa, ovviamente), massaggi e terapie a manetta. Nella settimana della gara faccio due sole uscite: 30′ mercoledì e 40′ venerdì, con fastidi che si presentano solo nel finale. Tra mille dubbi ci proverò lo stesso.
E’ domenica, il giorno della gara, sono teso, mi aspetto di correre senza fastidi per 50′, poi dovrò soffrire ma senza fare il martire… ho promesso a Marco e al terapista, convincendo prima ancora me stesso, che se dovesse suonare qualche campanello tirerò i remi in barca (nel senso che mi fermerò, perchè i fastidi aumentano al diminuire dell’andatura).
Alla partenza sono con i miei compagni di squadra Guglielmo “Doctor House” Bisceglie e Fabrizio “The Mind” Di Lucente. Del dottore conosco l’andatura, concordiamo quindi di procedere insieme, di Fabrizio conosco gli ottimi progressi e mi convinco che sarà meglio lasciarlo andare.
Guida il dottore, Fabrizio sbuffa e l’avvio è troppo veloce. Nell’analisi post gara il mio coach lo definirà “un avvio da suicidio”. Mi impongo di rallentare ed anche il dottore e Fabrizio fanno lo stesso.
Dopo qualche chilometro riusciamo a normalizzarci. L’avvio troppo veloce ed il percorso filante, però, ci tengono comunque su ritmi più veloci del previsto… fino al decimo km guadagnamo quasi 10”/km sulla tabella di marcia. Ad ogni modo le gambe girano ed abbiamo margine aerobico. Azioniamo il pilota automatico, ci rilassiamo e ci godiamo il paesaggio.
Quasi dimentico di poter correre senza fastidi solo per 50′, ed in verità il fisico comincia a protestare con qualche minuto di anticipo: al giro di boa dell’undicesimo, sul cavalcavia, come un compagno fedele, arriva il fastidio che aspettavo e che sapevo di poter e dover sopportare. Lo accolgo rallentando di qualche secondo, Guglielmo e Fabrizio intanto se ne vanno.
I km scorrono sempre più lentamente, non ho più molta voglia di guardarmi intorno, il passo è più pesante, mi dà forza il fatto di essere abbondantemente sotto il mio pur modesto personale.
Purtroppo, però, la partenza azzardata presenta il conto al 17°. I 21.097 m nelle mie gambe ci sono tutti, preparati bene nonostante lo stop dell’ultima settimana, ma lo sforzo iniziale, chiaramente, è stato eccessivo. Ho le gambe stanchissime ed il fastidio a dx non mi abbandona mai. Decido di spendere qualcuno dei secondi accumulati facendo qualche metro al passo…
A questo punto sento una voce insistente alle mie spalle: “Sei sotto, sei sotto il tuo personale, non mollare!” E’ Domenico Giangrande, che per un problema ai tibiali ha tolto il piede dall’acceleratore. Diventa il mio angelo custode e la mia valvola di sfogo… inizio a frignare, a comunicargli tutta la sofferenza che ho tenuto dentro fino a poco prima… lo sento che mi incita ma non lo vedo, è ancora dietro di me. Giunto al 20° sono decisamente lesso… non so più se preda del dolore o della stanchezza, mi fermo ancora. Domenico mi raggiunge e non smette di incitarmi: “Non solo sei sotto, ma se acceleri leggermente riesci a guadagnare più di un minuto”. Sono sul punto di mandarlo aff… ma quale tempo? Ma quale minuto? Io voglio solo quell’arco maledetto!
Finalmente lo vedo apparire, ci separa un ultimo rettilineo, qualche centinaio di metri.
Domenico non mi molla… ha fiato da donarmi, lui, e mi incita con immensa generosità.
Ormai è fatta… le ultime molecole di glicogeno transitano dalle gambe al mio braccio, che cerca Domenico per dirgli grazie.
Sfumata la sua gara ha voluto dividere con me questo traguardo, un traguardo che qualche mese fa sognavo claudicante, che mi è parso facile nell’euforia della ripresa ed impossibile prima e durante le fatiche agonistiche di questa Mezza del Fucino.
Adoro questo sport e riesco ad essere felice, nonostante le proteste del mio fisico, per un modesto 1h33’30”, che non è una sterile sequenza di numeri, ma un messaggio di speranza per i tanti amici che in questo momento sognano, come ho sognato io, di poter tornare a correre.
Saluti a tutti i Podistidoc… and Happy Run!